top of page

Pozzuolo del Friuli, perchè?

Introduzione.

Ogni anno, il 30 ottobre si celebra la Festa dell’Arma di Cavalleria. La tradizione trae origine dagli eventi che si sono sviluppati dal 24 ottobre al 9 novembre del 1917.

Parliamo della Battaglia di Caporetto: uno dei momenti più bui della storia militare italiana.

Nella considerazione che stiamo popolando il nostro sito con informazioni e monografie che vanno a tratteggiare la cavalleria italiana, quest'anno abbiamo compilato questo sunto di parti riportate in vari testi che descrivono il perché il 30 ottobre è stato scelto quale giorno in cui si celebra la Cavalleria Italiana.

Abbiamo articolato la sintesi nei seguenti paragrafi:

- Antefatto

- Caporetto: Alessandria a STUPIZZA

- La manovra in ritirata:

  . la 2^ Divisione di Cavalleria

  . la 1^ Divisione di Cavalleria: POZZUOLO DEL FRIULI

  . dal Tagliamento al Piave

- Pozzuolo del Friuli, perché?

​

monumento.png

Antefatto.

La difficoltà di alloggiamento, le stesse ragioni che avevano portato nel 1916 ad inviare ai quartieri invernali le unità di cavalleria e appiedarne le grandi unità avevano indotto il Comando Supremo a comportarsi nel medesimo modo nell'autunno del 1917. Il ciclo delle operazioni con l'arrivo dell'inverno poteva dirsi concluso, la prossima offensiva sarebbe stata effettuata non prima della primavera del 1918, per cui era prevedibile che, anche per l'inverno 1917 18, la cavalleria avrebbe potuto assumere una dislocazione pressoché simile a quella degli inverni precedenti. Il 3 ottobre il Comando Supremo aveva emanato le direttive a cui il progetto per la sistemazione invernale doveva adeguarsi. Il 6 ottobre il Comando di Cavalleria aveva trasmesso il progetto ed il 13 il Comando Supremo l'aveva approvato.

antefatto

Di conseguenza, intorno alla metà dell'ottobre del 1917, era stato stabilito che le divisioni andassero così dislocate: la 1^ a Motta di Livenza e dintorni, la 2^ a Pavia di Udine e dintorni per essere poi spostata in Emilia, la 3^ in Lombardia, a Gallarate e dintorni, meno il Comando della 5^ Brigata ed il reggimento Saluzzo lasciati a Povoletto e Udine; la 4^ infine doveva tornare addirittura a Torino e Vercelli a disposizione delle autorità territoriali per il servizio di ordine pubblico.

Il movimento dalla frontiera orientale doveva svolgersi così: la 1^ divisione doveva spostarsi a Motta di Livenza, nella zona fra Montagna e Treviso, per via ordinaria dal 20 al 27 ottobre; la 2^ da Pavia di Udine a Ferrara per via ordinaria dal 20 ottobre al 3 novembre.

Cavalleria appiedata.png

Settembre 1916 - Reparto Cavalleria appiedato verso il fronte

Caporetto.

Alle due del mattino del 24 ottobre 1917 ha inizio l'attacco contro la 2^ Armata italiana sulla linea tra Tolmino e Caporetto che portò alla rottura del fronte ed alla decisione da parte del comando supremo di effettuare una manovra in ritirata fino alla linea difensiva già approntata sulla riva destra del fiume Piave.

Caporetto
CAPORETTO FASI BATTAGLIA1.jpg

24,25 e 26 ottobre 1917

Il primo reggimento di cavalleria a prendere contatto con le forze austro-tedesche furono il Cavalleggeri di Alessandria (14°) che operavano lungo la Valle Venzonasca in collegamento con la 63^ Divisione ed il IV Corpo d’Armata: il 3° squadrone ed elementi del 5° erano in servizio di pattuglia e porta-feriti verso Idresca ed erano riusciti ad evitare la cattura abbandonando per ultimi Caporetto. Il 25 ottobre, a Stupizza, lo squadrone agli ordini del Ten. Laus esegue una ricognizione sulla strada che da Stupizza conduce a Caporetto. Riconosciute le posizioni nemiche ed eliminati vari centri di fuoco, lo squadrone dovette ripiegare di fronte ad una interruzione stradale. Dei 29 cavalleggeri partiti per la ricognizione solo quattro tornarono alle linee amiche.

STUPIZZA
STUPIZZA1.jpg
STUPIZZA2.jpg
STUPIZZA4.jpg
STUPIZZA5.jpg
STUPIZZA3.jpg
STUPIZZA6.jpg

Azione del 3° Squadrone di Alessandria a STUPIZZA

MAPPA2.png

Con l'ordine di richiamo, giunto alle divisioni già la sera del 24 ottobre, la 1^ divisione iniziava subito la marcia di ritorno, mentre la 3^ e la 4^ seguivano il trasferimento in ferrovia. Contemporaneamente veniva ordinato dal Comando Supremo che le batterie a cavallo, impiegate come batterie da posizione, fossero rimontate e rimesse a disposizione delle divisioni, a cui dovevano essere riassegnati subito pure i battaglioni ciclisti e le squadriglie autoblindo mitragliatrici.

Tutte e quattro le divisioni che costituivano il Corpo di Cavalleria effettuano il loro movimento verso est mentre tutto il Regio Esercito in ritirata, i profughi e le forze attaccanti si muovono verso ovest. Le quattro divisioni letteralmente lottano controcorrente per aprirsi il passo nella fiumana di profughi e di sbandati che fuggono, sempre più grossa man mano che la marcia prosegue verso oriente.

Il Comando Supremo poté disporre per un primo contrasto dinamico di due masse di cavalleria:

  • la 1^ Divisione di Cavalleria, su 1^ Brigata (reggimenti Cavalleggeri di Monferrato (13°) e Cavalleggeri di Roma (20°) e 2^ Brigata (reggimenti Genova Cavalleria (4°) e Lancieri di Novara (5°));

  • la 2^ Divisione di Cavalleria, su 3^ Brigata (reggimenti Lancieri di Milano (7°) e Lancieri di Vittorio Emanuele II (10°) e 4^ Brigata (reggimenti Lancieri di Aosta (6°) e Lancieri di Mantova (25°)), la divisione era rinforzata dal reggimento Cavalleggeri di Saluzzo (12°) appartenente alla 3^ Divisione,

in attesa di poter allineare in un secondo tempo tutto il corpo di cavalleria.

Alla 2^ divisione è assegnato il compito di proteggere la 2^ armata ormai in rotta verso ovest e la 1^ divisione riceve lo stesso compito a favore della 3^ armata che ripiega verso il Tagliamento.

La manovra in ritirata.

Il ciclo operativo che va dal 25 ottobre al 9 novembre può essere suddiviso in due fasi:

  • la prima, che termina con il mese di ottobre sul Tagliamento, è la più caotica; le operazioni vengono condotte sotto l'incalzare degli eventi, tutti determinati dalla forte pressione avversaria, manca ogni coordinamento e ciascuna divisione opera per conto proprio;

  • la seconda, dal primo al 9 novembre, è più coordinata, anche perché viene costituito un comando truppe mobili, affidato al Conte di Torino, che dirige tutte le operazioni.

Manovra ritirat
CAPORETTO FASI BATTAGLIA.jpg

Le due fasi della manovra in ritirata: dalla Bainsizza al Tagliamento, dal Tagliamento al Piave

Il compito della cavalleria è in sostanza quello di evitare che le preponderanti forze avversarie dilaghino nella pianura senza trovare ostacoli di sorta alla loro avanzata. La protezione del ripiegamento è un compito nel quale bisogna avere il coraggio di sacrificarsi mettendosi in mezzo tra l’amico che ripiega e il nemico che avanza.

Compito non facile per il quale necessita un’autodisciplina che si impone sull’istinto di conservazione e questo carattere si forma nei cavalieri che imparano a dominare sé stessi per dominare il generoso ma inquieto, ombroso destriero, dotato di una precisa volontà che deve essere indirizzata nel senso voluto dal cavaliere.

Ma nel dramma che segue Caporetto non c’è il tempo materiale per riorganizzare altre forze efficienti ed alla cavalleria viene richiesto di far appello alle sue risorse ed alla sua capacità di sacrificio.

La 2^ Divisione di Cavalleria.

Dal 25 al 31 ottobre la 2^ Divisione di Cavalleria, rinforzata da Saluzzo opera per proteggere il ripiegamento della 2^ Armata ormai in rotta. La 2^ Divisione di Cavalleria resiste sul Torre dal 25 al 28 ottobre, ostacolando l'avanzata delle avanguardie nemiche con reiterate azioni ritardatrici e con continue puntate offensive sul fianco degli austro-tedeschi, che dalle Prealpi Giulie dilagano nella pianura friulana. In particolare la 4^ Brigata, reggimenti Aosta e Mantova, il 27 ottobre, nei pressi di Cividale, si apre un varco con ripetute vigorosissime cariche a cavallo tra le forze avversarie che tendono di accerchiarla.

Anche Saluzzo, con aliquote di Umberto, protegge a Beivars il ripiegamento su Udine delle fanterie, alternando senza tregua risolute azioni di fuoco a reazioni dinamiche condotte a cavallo, tanto che dopo quattro giornate di combattimenti è ridotto a poco più di 120 cavalleggeri.

Dopo il 28 ottobre l'azione ritardatrice della 2^ Divisione prosegue dal Torre fino al Tagliamento, rallentando e logorando l'avversario per consentire ai resti della 2^ Armata ed ai profughi civili di passare il fiume su pochi ponti disponibili. Verso 12:00 del 29 ottobre gli scontri si fanno più violenti, soprattutto nella zona di Fagagna: i Lancieri di Aosta in particolare subiscono dolorose perdite, resistendo strenuamente a sud dell'abitato per impedirne l'aggiramento. Il 30 ottobre la resistenza continua a San Daniele e sul canale Ledra.

2 division
PONTE TORRE.jpg

Ponte sul Torre

CAVALLERIA IN MARCIA.png

Cavalleria in marcia tra gli sbandati

La 1^ Divisione di Cavalleria

In seguito alla rottura del fronte italiano a Caporetto la situazione della 3ª Armata italiana, schierata sul basso Isonzo, diventò critica, tanto che già il 25 ottobre Cadorna prese in considerazione la possibilità di ritirarla oltre il Tagliamento. Mentre la 3ª armata si ritirava utilizzando i ponti fra Codroipo e Latisana (i ponti più a nord erano destinati alla 2ª armata) era pressata di fronte dal gruppo Boroevic (1ª e 2ª Isonzo Armee).

Il 28 ottobre alle 14 le forze tedesche entravano ad Udine, ed il comandante del 51º corpo d'armata, generale Hofacher propose di muovere, partendo da Udine, verso Latisana. Intanto il giorno 24 ottobre la 1^ Divisione di Cavalleria era stata richiamata al fronte ed il 29 si dirgeva verso le posizioni assegnate: 1^ Brigata fu posta fra Udine e Codroipo a Pasian Schiavonesco, la 2^ Brigata fu posta a sud di Udine a Pozzuolo del Friuli, mentre i due battaglioni di bersaglieri ciclisti furono inviati a est della 2^ Brigata a Lumignacco.

MAPPA3.png
1 DIVSIONE
Giorgio_emo_di_capodilista.jpg

Il gruppo Scotti stava marciando direttamente sulle posizioni della 2^ Brigata. La 2^ Brigata di cavalleria era al comando del Generale Emo Capodilista ed aveva il compito inequivocabile di difendere ad ogni costo l'ala destra della 2ª Armata (che, a sua volta, copriva la ritirata della 3ª Armata), compito che sottintende il sacrificio dei due reggimenti di cavalleria.

La 2^ Brigata entrò a Pozzuolo del Friuli alle 17.30 del 29 ottobre ed i due reggimenti furono schierati ad est (Genova Cavalleria) e ad ovest (Lancieri di Novara) dell'abitato. L'abitato stesso fu organizzato a difesa e furono inviate pattuglie verso nord e verso est. Una pattuglia venne coinvolta in combattimenti a Campoformido, essendo caduta in un'imboscata. A notte, il Generale Capodilista tiene rapporto ai suoi ufficiali ed impartisce gli ordini con poche decise parole “Noi dobbiamo tenere il posto e resistere, costi quel che costi, fino a domani sera. A quel momento la 3^ Armata avrà passato il Tagliamento. Assegno ai Dragoni di Genova la difesa del lato est del paese, ai Lancieri di Novara il lato ovest”. Si dice che abbia concluso “Signori, questo deve essere il nostro camposanto”.

POZZUOLO

Gen. Giorgio Emo Capodilista

Mentre la 2^ Brigata si stava preparando alla difesa, la 1^ Brigata, attaccata da forze nemiche preponderanti, era stata costretta a ritirarsi fino a Codroipo. Di fronte a questo fatto il comando della 2^ Armata ritenne, erroneamente, che la 14ª armata nemica stesse marciando verso ovest, e decise un contrattacco contro quella che riteneva l'ala sinistra del nemico, contrattacco che avrebbe utilizzato Pozzuolo del Friuli come perno di manovra. A Pozzuolo del Friuli venne quindi avviata la Brigata "Bergamo" (25º e 26º reggimento di fanteria), che era all'ala destra delle forze che stavano contrattaccando. All’alba del 30 ottobre, pattuglie di Genova Cavalleria e dei Lancieri di Novara furono inviate in esplorazione e segnalarono la presenza di nuclei nemici, armati di numerose mitragliatrici, nella zona di Terenzano. Il primo contatto col nemico fu preso da due pattuglie di Genova Cavalleria, a nord dell'abitato di Pozzuolo.

MAPPA4.png

Verso le 11,00, l'avanguardia della 117ª divisione tedesca, proveniente da Terenzano, effettuò il suo primo attacco in forze, ma venne respinta dalle mitragliatrici e dal 2º squadrone di Genova Cavalleria. Verso le 12,00 l’attacco venne rinnovato con maggiori forze, ma fu ancora respinto, questa volta alla baionetta e un successivo tentativo di aggiramento da parte delle forze tedesche fu sventato con una carica del 4º squadrone del reggimento Lancieri di Novara, comandato dal capitano Sezanne. Mentre si svolgevano questi combattimenti la Brigata "Bergamo" prese contatto con la cavalleria, dopo una marcia di cinque ore sotto la pioggia battente. Il comandante della brigata (colonnello Piero Balbi), dopo un colloquio con il generale Capodilista, in ossequio agli ordini ricevuti ed alle informazioni che aveva avuto dal Comando di Armata, fece proseguire i suoi uomini verso Carpeneto a nord ovest di Pozzuolo, tenendo in paese un battaglione ed il suo comando. Alle 14,00 i reparti della "Bergamo" a nord di Pozzuolo furono attaccati dalle forze della 5ª divisione tedesca.

Contemporaneamente a Pozzuolo affluivano unità della 60ª divisione di fanteria austriaca, che, provenendo da est, affiancò la 117ª divisione, gli attacchi delle due divisioni vennero sostenuti dal reggimento Genova Cavalleria fino alle 16,30, quando le truppe austriache e tedesche riuscirono a superare la barricata che impediva l'accesso da Terenzano. Ancora una volta il 4º squadrone dei Lancieri di Novara caricò i nemici per respingerli. Intervennero nella battaglia diversi civili che soccorsero i feriti o si sostituirono a loro sulle barricate, tuttavia, nonostante tutti gli sforzi dei cavalieri e della popolazione, alle 17,30 il nemico riuscì a piazzare alcune mitragliatrici nelle case del paese, rendendo insostenibile la posizione della brigata di cavalleria.

caricat1.jpg

Dopo otto ore di combattimenti, alle 18.30, il Generale Capodilista ordinò ai reggimenti di rimontare a cavallo e di ripiegare su Santa Maria di Sclaunicco.

La lotta a questo punto si fraziona, sviluppandosi con alterne fortune: il colonnello Carlo Campari, Comandante di Novara, si mette alla testa del 5° squadrone e dei resti di altri, carica le truppe che occupano il terreno tra il cimitero e la strada di Lavariano e che lo stringono da tutti i lati, rompe l'accerchiamento e raggiunge Mortegliano dove altri reparti combattono con le avanguardie austriache che hanno già superato Pozzuolo. Improvvisamente il suo cavallo inciampa, il Colonnello Campari perde il contatto con i suoi, per sottrarsi al nemico è costretto a rifugiarsi nelle case del villaggio dove poco dopo viene fatto prigioniero.

Anche il Generale Capodilista ed il Colonnello Bellotti, Comandante di Genova, escono impetuosamente al galoppo dall'abitato guidando i Dragoni superstiti e caricano il nemico sorpreso e disorientato dall'improvvisa apparizione di quel nugolo di centauri che saltano le barricate e passano oltre - lance e sciabole alla mano - sfidando il fuoco delle numerose mitragliatrici.

CAMPARI.png

Col. Carlo Campari

BELLOTTI.png

Col. Francesco Bellotti

L'ordine di ripiegare giunge anche al Maggiore Ghittoni, che difende la piazza Julia con l'ultima mitragliatrice ancora efficiente. Rendendosi conto che se la sua arma tacesse la sortita del Generale Capodilista e dei resti del suo reggimento fallirebbe, decide di rimanere sul posto per ritardare il più a lungo possibile l'avanzata nemica. Manda quindi ai cavalli quasi tutti i Dragoni superstiti e resta con tre uomini, manovrando personalmente la mitragliatrice. Finite le munizioni, ordina ai pochi rimasti di ritirarsi, impugna la pistola e fronteggia da solo gli assalitori giunti ormai a pochi passi, viene ferito e cade, pronunciando le sue ultime parole “non mi avranno vivo”. Si uccide poi con l'ultima sua pallottola, tenendo così fede ad un impegno morale già menzionato nel suo epistolario - frutto di sofferte meditazioni e di radicate convinzioni - secondo il quale un Ufficiale non cade mai prigioniero. L'ultimo reparto a ripiegare è il 4° squadrone di Genova, comandato dal Capitano Ettore Laiolo che cade alla testa dei suoi uomini. Dalla motivazione della medaglia d'oro concessagli alla memoria si legge che “fatti rimontare a cavallo i superstiti dello squadrone e sebbene a malincuore dà inizio al ripiegamento ma, percorso breve tratto di strada ed accortosi che l'avversario liberatosi dalla resistenza avanza baldanzoso, senza esitare un istante pur sapendo di andare incontro a morte sicura rivolge il suo cavallo verso il nemico e con entusiasmo guida i suoi soldati “Giovanotti, parla Genova; il quarto squadrone non scappa ma si calcola l'elmetto e galoppa!” e in ciò dire si slancia la carica seguito dall'intero reparto”.

Parte-Guelfa-Puzzuolo-del-Friuli-Festa-della-Cavalleria-MIlitare-Italiana-1541x2048.jpg
LAJOLO.png

Il 4° squadrone di Genova Cavalleria carica a Pozzuolo del Friuli con alla testa il Capitano Ettore Lajolo

Intanto anche la Brigata Bergamo era costretta a ripiegare su Santa Maria di Sclaunicco, lasciando molti prigionieri in mano al nemico, compreso il comando della brigata, catturato a Pozzuolo del Friuli.

La resistenza nell'abitato cessò solo alle 19, dopo una difesa che lo stesso nemico riconobbe valorosa. A questo punto il compito è assolto, dal momento che la 3° Armata è riuscita a passare il Tagliamento.

Quando, alla fine dello scontro, la 2^ Brigata rientra nelle posizioni italiane, delle quasi mille lance che il mattino del 29 si sono opposte al nemico, ne restano meno di cinquecento. Agli Stendardi dei due reggimenti viene conferita la medaglia d’argento al valor militare: forse quella d’oro non avrebbe sfigurato, ma non viene concessa probabilmente per non rimarcare la differenza con coloro che negli stessi frangenti hanno tenuto ben diverso comportamento.

Il Bollettino di guerra del Comando Supremo nr. 891 del 1° novembre 1917 cita: “La 1ª e 2ª Divisione di Cavalleria specie i Reggimenti Genova e Novara, eroicamente sacrificatisi, … , meritano sopra tutti, l’ammirazione e la gratitudine della Patria”. Persino i bollettini avversari sono costretti ad ammettere, parlando della resistenza della 2^ Brigata di Cavalleria, che si è trattato di un fatto che comporta “conseguenze incalcolabili”.

​Furono proposte, per le azioni del 30 ottobre ben 176 onorificenze. Fra queste fu concessa la medaglia d'argento allo stendardo del reggimento Genova cavalleria e del reggimento Lancieri di Novara. Il generale Emo Capodilista ebbe l'Ordine militare di Savoia, mentre il tenente Carlo Castelnuovo delle Lanze ed il capitano Ettore Laiolo ebbero entrambi la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria. Oltre a queste furono concesse, per i fatti della giornata, 48 medaglie d'argento, 43 medaglie di bronzo e 56 croci di guerra. Oltre alle onorificenze furono emessi 20 encomi solenni e 7 promozioni per meriti di guerra.

Dal Tagliamento al Piave.

Il 31 ottobre le grandi unità in ripiegamento sostano sul Tagliamento e da quella data inizia la seconda fase della manovra in ritirata, ben più organizzata virgola che prevede di arrestare temporaneamente il nemico su tre successive linee: Cellina-Meduna, Livenza e Monticano, per guadagnare il tempo necessario ad attivare le difese sul Piave. Il Conte di Torino assume il comando delle truppe mobili e, per prima cosa, riordina le sue forze, costituite dalle prime tre divisioni di cavalleria, da sei squadriglie autoblindo mitragliatrici, dalle batterie a cavallo, da reparti ciclisti e da squadroni dei reggimenti Firenze, Udine ed Alessandria, anch'essi in ripiegamento, che vengono riuniti nel Gruppo Piella, dal nome del Colonnello Comandante di Firenze. Si forma anche il Gruppo Airoldi, dal nome del Colonnello Comandante di Saluzzo, con i resti di Saluzzo integrati da elementi di Umberto ed Alessandria. La 4^ divisione, affluita da Torino a Treviso, prende il posto della terza, che ha finora svolto compiti di difesa e sicurezza delle retrovie, incolonnando ed avviando gli sbandati verso i nuovi centri di raccolta reggimentali per ricostituire le unità da schierare sul Piave. Le esauste unità vengono per quanto possibile rinvigorite con i complementi e con il recupero di elementi sparsi.

Nella notte sul 3 novembre gli austro-tedeschi, approfittando del calo delle acque del Tagliamento, ormai guadabile, irrompono sulla riva destra. Scatta il contrattacco della 4^ Brigata di cavalleria, con Aosta e Mantova, e del il Gruppo Airoldi, catturano la colonna nemica penetrata da Treviso e Toppo, ma l'avversario incalza con nuove forze e la 4^ Brigata è costretta a ripiegare sotto la protezione della terza, che con Vittorio Emanuele carica tempestivamente sul fianco l'avversario a Meduna.

Di scontro in scontro, anche grazie all'intervento di aliquote della 1^ Divisione, prosegue l'azione di contenimento del nemico, che rallenta la sua marcia, consentendo alla nostra retroguardia di sganciarsi e portarsi sul torrente Cellina. Seguono ulteriori battute di arresto fino al ripiegamento sul Livenza del 5 novembre.

rossi1.jpg

A Portobuffole, il 6 e 7 novembre, Firenze con due squadroni di Udine ed uno di Vittorio con pugnace tenacia impedisce all'avversario di riattivare il ponte sul fiume ed a cospicui gruppi di forze di attraversarne le acque con materiali galleggianti di circostanza. Verso sud, sulla cimosa costiera, agiscono autonomamente gli squadroni di Piemonte Reale, che dal 29 ottobre anno protetto, con successivi sbalzi retrogradi, il ripiegamento del XIII Corpo d'Armata dal Tagliamento fino al Piave. Al comando del reggimento c’è il Colonnello Francesco Rossi che il 9 novembre, a Madonna di Campagna, mentre le forze del corpo d'armata si stanno già attestando sulle rive sicure del Piave, rimane isolato e cade in combattimento.

Col. Francesco Rossi

Piave

Pozzuolo del Friuli, perché?

È certo che il Regio Esercito in ritirata riuscì ad attestarsi sul Piave e ad organizzarsi a difesa quasi esclusivamente grazie all'epico sforzo sostenuto dalla cavalleria, peraltro fortemente depauperata dall'elevato contributo generosamente fornito agli altri corpi in tre anni di guerra e dalle conseguenti sensibili riduzioni degli organici, tanto che uno squadrone contava su un centinaio di cavalli ed un reggimento aveva solo quattro squadroni più uno di mitraglieri con quattro armi.

Pozzuolo del Friuli non è soltanto un episodio della tragedia di Caporetto. Le mille lance della 2^ Brigata di Cavalleria sono andate incontro al nemico e lo hanno fermato. E la voce corre per le interminabili colonne di truppe annichilite in ripiegamento: “la cavalleria resiste!”. E le teste e le spalle si raddrizzano, gli sguardi si infiammano, le volontà si induriscono.

A Pozzuolo del Friuli è nato lo spirito che, dieci giorni dopo, arresta definitivamente il nemico sul Piave.

L'azione della nostra cavalleria è stata oltremodo positiva, sia pure in un'operazione difensiva. Se l'esercito austriaco avesse potuto impiegare la propria, che invece era stata totalmente appiedata, avrebbe sicuramente conseguito decisivi successi.

Proprio per la sua importanza e per gli effetti che la difesa di Pozzuolo del Friuli ebbe nell'ambito della manovra in ritirata verso il Piave che la data del 30 ottobre fu scelta quale festa di tutta l’Arma di Cavalleria.

Generosa con tutti, fedele a sé stessa”, dirà il conte di Torino in una frase con cui commenta il contributo della Cavalleria alla Prima guerra mondiale. Un vero motto che rende pienamente lo spirito dell’arma e il senso del sacrificio compiuto in quei giorni.

CONTE TORINO.png
PERCHE
bottom of page