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SHASHKA
Sciabola cosacca da cavalleria, mod. 1881

a cura del 1° Cap. Vet. (c.a.) Dr. Carlo Alberto ALBERTI

(si veda anche: Cesare Calamandrei "Storia dell’Arma Bianca Italiana da Waterloo al nuovo millennio, ed. Olimpia, Firenze, 1999")

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Questo tipo di sciabola (in italiano la possiamo trovare traslitterata in vari modi, ad es. saska, chasqua, ecc…), originaria del Caucaso, fu adottata da reparti russi di cavalleria reduci da quella zona nella prima metà del 1800; nel 1882 divenne ufficialmente l’arma di ordinanza dei dragoni. Adottata dai cosacchi in versione più corta dell’originale caucasico, era in uso durante il secondo conflitto mondiale, quando era ormai divenuta l’arma di ordinanza di tutte le specialità della cavalleria montata dell’Unione Sovietica. 

La sciabola è lunga in totale 95 cm.

LAMA. Ampia e robusta, lunga 82 cm, leggermente incurvata, presenta evidente sguscio centrale e filo (la parte tagliente) a rovescio rispetto alle sciabole occidentali. Tale caratteristica, comune ad altre armi orientali, è dovuta al fatto che la tecnica di impiego della shashka era diversa. Il tallone della lama presenta incisioni da entrambi i lati: falce e martello, numeri, lettere cirilliche e la data “1934”.

FODERO. In legno verniciato, con puntale e bocchetta in ottone. Presenta tre fascette, sempre in ottone, di cui solo una ha la campanella; le fascette sono adattate, con appositi anelli sagomati, a contenere la baionetta del fucile in dotazione all’Armata Rossa, il famoso Mosin M1891/30. La baionetta del nostro esemplare presenta lama cruciforme.

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Il FORNIMENTO, di 13 cm, è molto particolare: non presenta elsa né alcun tipo di guardia, ha una impugnatura in legno scanalata a linee inclinate (nel nostro esemplare sembra sostituita) ed una cappetta corta, a forma di becco. La cappetta presenta un ampio solco superiore ed un caratteristico foro per la dragona che, vicina al becco della cappetta, sembra l’occhio di un uccello; sulla sua superficie laterale sono presenti decori a fiorami; sul dorso, la scritta C.C.C.P. ed una falce e martello sormontata da una stella. Inferiormente, l’impugnatura termina con largo zoccolo sagomato con scritte da entrambi i lati: numeri e lettere cirilliche e la data “1934”.​

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L’arma presente al museo potrebbe essere arrivata in Italia come preda bellica o come semplice ricordo della campagna di Russia di qualche nostro militare poi rientrato in Patria. Potrebbe anche derivare da soldati cosacchi o ucraini passati a combattere contro i russi, al fianco di italiani e tedeschi, arrivati in Italia verso la fine del secondo conflitto mondiale: in quest’ultimo caso, però, solitamente le armi mostrano tentativi più o meno riusciti, di cancellarne gli emblemi comunisti, cosa non certo effettuata nel nostro esemplare, nel quale tali emblemi sono ben evidenti.

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